La scommessa di Bush Khamenei si strappa la barba Se qualcuno si aspettava da parte iraniana all’indomani dell’accordo di Vienna sul nucleare parole diverse da quelle pronunciate dall’ayatollaha Khamenei, non conosce l’Iran. La guida suprema dello Stato non poteva che ribadire come un’intesa internazionale, quale che fosse, non può cambierà la politica nei confronti dell'arrogante governo americano. È un clichè stereotipato a cui non credono più nemmeno i mullah anche se non si stancano di ripeterlo. Lo stesso Khamenei che ha elencato i gli amici nella Regione della Repubblica islamica, non sembra volersi accorgere che molti degli stessi sono oramai anche amici degli americani, come gli iracheni. Mentre con i siriani, vale a dire la minoranza sciita che è guidata da Assad, gli americani hanno interrotto la loro ostile. Se per anni l’amministrazione di Washington ha ritenuto, giustamente, Assad la malattia, oggi, anche se senza entusiasmo, ritiene che il suo governo sia ancora quella minore. Poi non si può pensare che Khamanei rinunci mai a chiudere ogni suo intervento pubblico con i tradizionali "Morte all'America" e "Morte a Israele". Sono questi i capisaldi della politica estera “rivoluzionaria” dell’Iran che il clero non metterà mai in discussione, ma il popolo iraniano invece si,, tanto che festeggia in piazza l’accordo trovato con gli americani, un accorto che potrebbe impedire, un nucleare a scopo militare. Quello che è emerso in Iran dopo Vienna è una spaccatura interna al regime, per cui l’isolamento anti occidentale non ha più senso, soprattutto quando gli occidentali sono in guerra ed in alcuni casi combattono già con gli iraniani l’estremismo sunnita. La scommessa di Bush jr una volta attaccati i taleban e Saddam Hussein era aprire un ponte di distensione verso l’Iran. Gran parte degli osservatori occidentali allora si misero a dire che l’amministrazione statunitense era guerrafondaia, che mentiva sulle armi di distruzioni di massa invitando a mobilitarsi contro quella politica, senza accorgersi che un’azione tanto radicale avrebbe mutato necessariamente le coordinate del medio oriente. È quello che oggi sta avvenendo, il più grande stato della Regione, nemico mortale dell’America e dell’occidente dal giorno in cui l’ayatollah Khomeini prese il potere, si è seduto a negoziare con la diplomazia americana. Potete star sicuri che la svolta è tale che un vecchio conservatore Khamenei preferirebbe strapparsi tutti i peli della sua barba. Roma, 20 luglio 2015 |